24.7.11

Wake up alone

(photo: thesuperficial.com)


Apprendo la notizia dall'sms di G. Perché sono fuori dal mondo.
Perché lei, G., lo sa che è una dei pochissimi artisti che, in assoluto, mi hanno dato di più: acqua freschissima in un momento in cui non ricevevo che fiele o surrogati.

Né mi sorprende, la notizia. Certo che no.
Solo, mi addolora e mi rattrista. E non mi era mai successo prima, tranne in quei rarissimi casi di gente in qualche modo a me vicina.

A ottocento metri e più di altezza, io, il silenzio, il vento e il mare sconfinato che neppure due dei golfi più ampi della costa riescono a delimitare, un sole pallido e accecante, comincio a pensare a tutto quello che si dirà e a tutto quello che si farà adesso: Amy se l'è cercata, era una tossicomane; penso ai tributi, ai troni, ai titoli che le saranno prontamente affibbiati, tanto è morta e non se ne parla più. Alle operazioni di marketing che frutteranno come non mai.
Penso ai commenti meschini, agli articoli barbini, ai fugaci sorrisi di commiserazione, allo sprezzante, indifferente paternalismo di chi, dopo averla inizialmente accolta tra i talentuosi fasti della musica mondiale, ormai aveva preso a snobbare niente più che un'ubriacona, una rissosa, una poco o nulla di buono.

Mi sento patetico, ma una morsa mi stringe lo stomaco, e non posso impedirlo.
Mi risuonano in testa, una dietro l'altra, precise frasi dei brani del suo secondo ed ultimo album, che, del resto, non posso riascoltare se non quando sarò arrivato a casa.
Mi compaiono alla mente certe sequenze dei suoi live, occhi vispi e tristi e interrogativi, nonostante il mare di alcool e di chissà cos'altro; e baci inviati dal palco a chi solamente lei sapeva, e I love you biascicati in un labiale tremante e rallentato, annegato.

A casa, rabbia. Nient'altro che rabbia, e la morsa. E quella voce.
Già i primi onori, le prime dediche. Profusione di celebrazioni e l'attestazione di un record: essere morta all'età di ventisette anni, come Janis, come Kurt, come Jimi, come Jim. Nientemeno: che culo.
Tutti a scrivere, ricordare, salutare, rimpiangere.

Rabbia. Se soltanto ci si guardasse. Se soltanto ci si ascoltasse.

Io l'adoravo. Ubriaca fradicia, fatta, strafatta, irrecuperabile, perduta. Ma cosa importa.



9 commenti:

Melinda ha detto...

Rimango basito per la giovane età della cantante. Purtroppo non la conoscevo come artista mentre non mi erano passate inosservati gli eccessi e la voce bellissima.
Mi dispiace. Chissà se è davvero morta sola o semplicemente abbandonata da chi la ben bene spolpata prima che morisse?

ignominia ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
ignominia ha detto...

ciao, sento il tuo dolore e la rabbia al pensiero del baraccone che verrà innalzato per strizzare le ultime gocce dal limone Winehouse nel farla diventare un'altra Janis, un'altro Jimi,Kurt & Jim. Martiri del Rock & Roll.
Non la conosco, non l'ho seguita, per me è solo un nome ma faccio il paragone di quello che provi con quello che ho provato e ancora provo per la perdita di David Foster Wallace e così comprendo il senso di loss, della perdita di un potenziale che ti fa sentire derubato in prima persona.
Ma allo stesso tempo leggo delle decine di giovani, più giovani, più vite ancora non realizzate, che sono state decimate dal pazzo ad Oslo, e faccio un paragone.
E penso solo che la Winehouse per lo meno, la sua vita se l'è bruciata e vissuta, seppure burning it like a candle at both ends, troppo velocemente e pericolosamente, per cui il risultato può sembrare in qualche modo una scelta... anche se involontaria ma la conseguenza delle proprie azioni. E lei ha lasciato una legacy, una memoria, un impronta. Quelli morti sull'isola no, la loro fine prematura non è il risultato delle loro azioni, e sono stati spazzati via prima di completare, forse persino iniziare, quello per cui si stavano preparando a fare nella vita. E questo immenso potenziale perduto, che mi ricorda lo slogan A MIND IS A TERRIBLE THING TO WASTE,del African American Fund, queste larve schiacciate prima che diventino farfalle (quanti Einstein, Kennedy, Leonardo, Mozart, Warhol, Mother Teresa perdiamo ogni giorno nel mondo?) mi distrae dal provare un senso di perdita focalizzata verso la cantante, anche se capisco che per te era molto più personale che per me. Comunque ti sono vicina.
crack (!)
extonad

UnoQualunque ha detto...

Sì, hai ragione. Ci ho pensato e ci penso pure io: quelle poche notizie che nei giorni scorsi ero riuscito a carpire su Utoya e Oslo avevano già fatto il loro effetto. Sarò cinico: in qualche modo, siamo abituati a massacri del genere (e mi chiedo, mentre scrivo, fino a quale punto saremo portati ad abituarci, ancora). Mi hanno impressionato le immagini di questo assassino (non 'pazzo', i pazzi non arrivano a tanto; lui ha fatto tutto lucidamente, programmaticamente, come stanno dimostrando) che, da solo, tra gli scogli e i cadaveri di miei coetanei, non ha pietà per chi lo implora di risparmiarlo. Ed esegue. Da solo.
Ma, dicevo, è da quando ero un bambino che sento di massacri di questa portata: mi hanno costretto ad abituarmi. Mi mette in crisi, se ci penso. Mi ritrovo a vivere in una società che non ho fatto io, in cui tante volte mi sembra di essere atterrato senza averlo né chiesto né previsto.
La vicenda di Amy è stata forse il culmine: perché, sì, ci ero legato emotivamente; perché mi ha richiamato alla mente tante, troppe cose ed è da quando ho saputo che mi 'psicanalizzo'. E credo che, in realtà, anche questa cantante drogata, fattona, tossica è, in qualche modo, vittima. E non solo di se stessa. Come Forster Wallace, come chissà quanti altri.

Melinda ha detto...

Rimango colpito dalle parole che usi per descrivere l'assuefazione passiva alle notizie tragiche perché, come al solito, mi servi da specchio. Mi servite da specchio.
In questi giorni, vivendo fusi diversi e compagnie diverse, provo quasi il rigetto per la passività che stiamo vivendo tutti quanti per le cose che non cambiano, che altri non fanno cambiare, che alla fine ci accasciamo e non facciamo cambiare.
Vorrei trovare un modo da protagonista per muovere le cose e fare in modo che non ci sia assuefazione alle notizie di oltre 90 morti, la maggior parte dei quali giovanissimi, immersi nell'atmosfera di un campeggio.
Pur comprendendo che è vero che alla fine rischiamo l'assuefazione, è pur vero che molto dipende da noi: l'attenzione e la vigilanza per non farci travolgere da questa "macchina del muco" (diversa ma uguale a quella del "fango" descritta da Saviano, che ci sta invischiando nelle sabbie mobili del "sono tutti uguali" rivolto ai politici), l'attenzione potrebbe rimanere alta così da evitarci di parlare del pranzo e del vino da stappare, solo due secondi dopo aver sentito la notizia di 90 e più morti in TV.
Perché è questo che vogliono i controllori, ma è quello che è comodo anche per noi.

UnoQualunque ha detto...

Forse sì, Mel.
O forse no.
Mi riesce difficile scrivere quello che mi si scatena dentro o parlarne su un blog. Ci provo: sarebbe assuefazione se facessi sonni tranquilli; sarebbe assuefazione se non trascorressi molte giornate teso come una corda già spezzata e rimediata; sarebbe assuefazione se non mi ritrovassi a (volere? dovere?) rigettare un mio passato da 'militante' a cui ho fortemente, tenacemente, maledettamente, ingenuamente creduto, scegliendo, ahimè, un modo piuttosto che un altro. E che, invece, mi ha lasciato ancora più sabbia (e rabbia, e delusione) per le mani. Sarebbe assuefazione se non dovessi attraversare certi periodi; se riuscissi a coniugare pacificamente la mia storia alle mille storie del mondo.
Forse, sì, è passività. Ma tante volte passività non è l'esatto contrario di attività. Non ne è neppure il contrario. Forse è solo una, momentanea, difesa.

ale ha detto...

http://assante.blogautore.repubblica.it/2011/07/amy-winehouse-2/

ignominia ha detto...

Sono con te 1qq nel non vedere controllori nella parvenza di passività che sembra abbia preso il mondo. E poi come si fa a parlare di passività quando siamo qui a migliaia di chilometri gli uni dagli altri a condividere queste emozioni sui blog?
Dobbiamo in qualche modo proteggere i nostri piccoli mondi personali dalla paura dell'abisso e lo facciamo come possiamo. Il barrage di notizie ogni giorno peggiori
, sempre più assillanti, apocalittiche, incomprensibili che ci offre questa epoca medianica non può non avere che un forte impatto sulla nostra psiche e noi ci dobbiamo difendere come possiamo, magari anche facendo finta di nulla. Dopo tutto anche lo shock ha l'effetto di farci apparire insensibili.
In quanto alla tua certezza 1qq che non si tratti di follia, ci ho pensato parecchio in questi giorni, e oggi vedendo il ghignetto soddisfatto del sicario catturato, e per le stesse ragioni di cui sopra mi ostino a non voler accettare l'esistenza di un male così totale, così completo e devastante (Satanico direi se ci credessi) che possa possedere un essere vivente, senza al contempo volerla credere nato da follia. E con quello non escludo la freddezza e il calcolo bada bene, semplicemente una distorsione profonda e innaturale della capacità di comprensione di questo individuo. E' questo tipo di pazzia -non quello che fa dell'idiota un Giulio Cesare o un Napoleone- la vera malattia mentale, perchè inconcepibile, incomprensibile, inimmaginabile da qualsiasi mente sana.
mampleg

ignominia ha detto...

e allora un'altra idea mi vieni in mente. Vogliamo controbattere a tutto questo orrore? A tutta la negatività che ci viene sbattuta in faccia quotidianamente dai media? Vorrei fare l'opposto e creare un media del positivo. Vorrei farlo con una TV o una radio, ma un blog che inizi il movimento come quello di CleanNap che mi ha fatto tanto bene al cuore ma che non è assolutamente enfatizzato dalle TV nostrali. Perchè non un canale che trasmettere soltanto notizie buone? Sono sicura che ce ne sono altrettante di quelle cattive ma si pensa che non interessino ma chi ci crede? Io sono certa che se ci fosse una TV della speranza batterebbe in ascolto Mediaset, Murdoch, e Radio Maria. Perchè iniziare o finire la giornata con qualcosa che apre il cuore è preferibile da qualcosa che angoscia e rattrista e incupisce. Quindi cerchiamo, guardiamoci intorno e riportiamo ciò che vediamo di bello, di rincuorante, di rasserenante. Piccoli atti di solidarietà e gentilezza che sono certa porterà al notare i grandi atti che accadono ovunque...
Chi ci stà con me? Chi mi aiuta a scrivere un manifesto? Iniziamo con Facebook, e vediamo dove ci porta?
offlost
coney